TIZIO proponeva ricorso avanti alla Suprema Corte di Cassazione avverso il decreto con il quale la Corte di appello di X disponeva un aumento di Euro X mensili dell’assegno per il mantenimento della figlia confermando la condanna dello stesso al pagamento, a titolo di rimborso, della somma di euro X, pari al 50 per cento delle spese mediche documentate. Il ricorrente lamentava che le spese mediche non corrisposte dal SSN che si rendessero necessarie per i figli erano da concordare previamente con la madre, salvo urgenze. La Cassazione rispondeva che “la necessità, prevista nella richiamata sentenza del Tribunale di X, di un accordo fra i genitori circa le spese mediche non riferibili al servizio di assistenza sanitaria implica l’assenza, in detta previsione, dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito, e, quindi, la necessità di un intervento giudiziale che, a prescindere dall’accordo non raggiunto, verifichi la sussistenza o meno dell’obbligazione; invero, nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, il giudice è tenuto a verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore mediante la valutazione della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità e della sostenibilità della spesa stessa rapportata alle condizioni economiche dei genitori (Cass. n. 16175 del 30 luglio 2015; Cass., 23 febbraio 2017, n. 4753)”. (Cassazione civile, ordinanza 21726/2018)