Come comportarsi in caso di incidente stradale

Con la sentenza in esame la Suprema Corte ha avuto occasione di illustrare gli obblighi in caso di sinistro. Ecco la vicenda. In primo e secondo grado TIZIO è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 189 co. 6 e 7 CDS commesso nel 2011 (“6. Chiunque, nelle condizioni di cui comma 1, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera all’obbligo di fermarsi, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre anni, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI. Nei casi di cui al presente comma sono applicabili le misure previste dagli articoli 281, 282, 283 e 284 del codice di procedura penale, anche al di fuori dei limiti previsti dall’articolo 280 del medesimo codice, ed è possibile procedere all’arresto, ai sensi dell’articolo 381 del codice di procedura penale, anche al di fuori dei limiti di pena ivi previsti” 7. Chiunque, nelle condizioni di cui al comma 1, non ottempera all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente alle persone ferite, è punito con la reclusione da un anno a tre anni. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo non inferiore ad un anno e sei mesi e non superiore a cinque anni, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI.”). Ricorre in Cassazione lamentando che non vi fossero prove che fu proprio lui a commettere quella condotta. A contrasto di quelli che sarebbero solo indizi, peraltro non gravi, precisi e concordanti, vi sarebbero le dichiarazioni di testimoni oculari, che avrebbero descritto un soggetto che non coinciderebbe con lui. La Suprema Corte questo decide: “Il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimità. I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed hanno risposto alla doglianza già proposta in quella sede circa la prova che fosse proprio TIZIO alla guida del veicolo che aveva investito CAIO, ricordando come CAIO avesse confermato di avere affidato il proprio camper all’odierno ricorrente perché eseguisse alcuni controlli, senza che gli venisse restituito all’orario concordato, e, soprattutto, che l’imputato è stato riconosciuto in fotografia dalla vittima come colui che era alla guida del mezzo investitore. Tali circostanze, peraltro, non sono mai state contestate nel processo dall’imputato, che, pur avendo presenziato al giudizio di appello, non ha introdotto alcuna diversa rappresentazione dell’accaduto. Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente, peraltro genericamente, chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto. 4. Quanto al reato in contestazione, come ricordato da questa Corte di legittimità (vedasi tra le altre Cass. Sez. 4, sentenza n. 9128 del 2012), il nuovo codice della strada all’art. 189 descrive in maniera dettagliata il comportamento che l’utente della strada deve tenere in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, stabilendo un “crescendo” di obblighi in relazione alla maggiore delicatezza delle situazioni che si possono presentare. Così è previsto, per quanto qui interessa, l’obbligo di fermarsi in ogni caso, cui si aggiunge, allorché vi siano persone ferite, quello di prestare loro assistenza. L’inottemperanza all’obbligo di fermarsi è punita con la sanzione amministrativa in caso di incidente con danno alle sole cose (comma quinto) e con quella penale della reclusione fino a quattro mesi in caso di incidente con danno alle persone (comma sesto). In tale seconda ipotesi, se il conducente si è dato alla fuga, la norma contempla la possibilità dell’arresto in flagranza nonché la sanzione accessoria della sospensione della patente; la sanzione penale è più grave (reclusione fino ad un anno e multa) per chi non ottempera all’obbligo di prestare assistenza. Si tratta di comportamenti diversi, lesivi di beni giuridici diversi ed attinenti, nel caso dell’inosservanza dell’obbligo di fermarsi, alla necessità di accertare le modalità dell’incidente e di identificare coloro che rimangono coinvolti in incidenti stradali e nel caso di omissione di soccorso, a principi di comune solidarietà. Quanto al reato di cui all’art. 189, comma 6, trattasi di un reato omissivo di pericolo, il cui elemento materiale consiste, come si è già osservato, nell’allontanarsi dell’agente dal luogo dell’investimento così da impedire o comunque, ostacolare l’accertamento della propria identità personale, l’individuazione del veicolo investitore e la ricostruzione delle modalità dell’incidente. Questa Corte ha già avuto modo di precisare che integra il reato di cui all’art. 189 CDS, comma 1 e 6 (cosiddetto reato di “fuga”), la condotta di colui che – in occasione di un incidente ricollegabile al suo comportamento da cui sia derivato un danno alle persone – effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea, senza consentire la propria identificazione, ne’ quella del veicolo. Infatti il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente deve durare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto, perché, ove si ritenesse che la durata della prescritta fermata possa essere anche talmente breve da non consentire ne’ l’identificazione del conducente, nè quella del veicolo, ne’ lo svolgimento di un qualsiasi accerta- mento sulle modalità dell’incidente e sulle responsabilità nella causazione del medesimo, la norma stessa sarebbe priva di ratio e di una qualsiasi utilità pratica (così questa Sez. 4 25.1.2001 n. 20235 rv. 234581). Quanto poi all’obbligo di prestare assistenza, è pacifico che l’elemento soggettivo del detto reato ben può essere integrato dal semplice dolo eventuale, cioè dalla consapevolezza del verificarsi di un incidente, riconducibile al proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, non essendo necessario che si debba riscontrare l’esistenza di un effettivo danno alle persone. Come ancora affermato da questa Corte di legittimità nell’arresto giurisprudenziale prima richiamato, la sussistenza o meno di un effettivo bisogno di aiuto da parte della persona infortunata non è elemento costitutivo del reato che è integrato dal semplice fatto che in caso d’incidente stradale con danni alle persone non si ottemperi all’obbligo di prestare assistenza. Tale condotta, come già precisato in passato (cfr. ex multis questa Sez. 4, n. 8626 del 7/2/2008, Rv. 238973) va tenuta a prescindere dall’intervento di terzi, poiché si tratta di un dovere che grava su chi si trova coinvolto nell’incidente medesimo”. . (Cassazione penale, 43207/2019).

Avv. Sergio Severino Vergottini

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