Due cuori e una capanna

Il caso esaminato dalla Cassazione attiene ad due fidanzati: “va premesso che la controversia in esame sottopone all’attenzione della Corte alcune questioni, sempre più ricorrenti nella pratica ma non del tutto risolte sul piano normativo né frequentemente esaminate in sede di legittimità, connesse alla cessazione di una relazione affettiva, alla individuazione dei principi da applicare per la regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra gli ex partners e alla divisione del patrimonio comune. Per la miglior comprensione della fattispecie e delle domande delle parti, nonché delle questioni che in relazione ad esse residuano in questa sede, va puntualizzato che nel caso di specie, la relazione sentimentale si è protratta per un lungo periodo di tempo, nell’arco del quale, per circa dieci anni i due partners hanno vissuto separatamente (il loro legame viene definito dalla sentenza in termini di fidanzamento) contribuendo con il denaro e il lavoro di entrambi alla costruzione di una casa comune. A questo primo periodo ha fatto seguito un secondo periodo di convivenza nella casa stessa, durato quattro anni, al termine del quale la relazione si è conclusa.”

Precisamente, uno dei fidanzati era proprietario del fondo. L’altra ha contribuito con il proprio lavoro, le proprie scelte ed anche economicamente, con ripetuti contributi patrimoniali, alla realizzazione delle opere autorizzate dal proprietario e aventi ad oggetto l’abitazione che la coppia avrebbe occupato. Ebbene, costei può chiedere il “rimborso” di quanto fatto?

Ecco la risposta: “si tratta di questioni non infrequenti, anche se non idoneamente disciplinate, che concernono le conseguenze economiche dello scioglimento della famiglia di fatto, o comunque dei principi applicabili allorchè cessino rapporti sentimentali stabili, in relazione alla sorte delle spese sostenute in vista della futura convivenza. …… Nel momento in cui lo stesso progetto dell’esistenza di un patrimonio e di beni comuni è venuto meno, perché si è sciolto il rapporto sentimentale tra i due ed è stato accantonato il progetto stesso di vita in comune, al convivente che non si è preventivamente tutelato in alcun modo non potrà essere riconosciuta la comproprietà del bene che ha collaborato a costruire con il suo apporto economico e lavorativo, ma avrà diritto a recuperare il denaro che ha versato e ad essere indennizzato per le energie lavorative impiegate volontariamente, per quella determinata finalità, in applicazione e nei limiti del principio dell’indebito arricchimento. Pertanto, i contributi, in lavoro o in natura, volontariamente prestati dal partner di una relazione personale per la realizzazione della casa comunque non sono prestati a vantaggio esclusivo dell’altro partner e pertanto non sono sottratti alla operatività del principio della ripetizione di indebito. …

(Cassazione civile, ordinanza 14732/2018)

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